"J'ai deux amours, mon pays et Paris"cantava la bella Joséphine", e ancora lo struggimento della sua nostalgia - di madre, di terra, di mare, d'infanzia, di calore - mi accellera i battiti del cuore.
La musica in questo è la sola vera magia conosciuta. Che scatta anche con Joséphine, non solo con Mahler e con Bach. È forse il ricordo ancestrale della culla materna; cui si tende a tornare, coscienti o no.
O il richiamo dell'oltre, oltre la carne, oltre le vicende di qui, un riflesso del Paradiso perduto, che le note risvegliano nel più profondo del cuore.
Sarebbe bello andarsene sommessamente varcando la soglia, come nella
Sesta di Cajkovskij, che chiude in morendo la lunga lunga sinfonia della vita.
Gina Lagorio
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