mercoledì 25 giugno 2014

20134Lambrate_Amelia Earhart

                         

Il 17 giugno 1928 Amelia Earhart decolla per la prima traversata atlantica senza scalo eseguita da una donna.
Amelia era diversa. 
                           

Nel 1920, quando aveva 23 anni, partecipò con il padre ad un raduno aeronautico in California dove per la prima volta fece un giro turistico su un biplano sopra Los Angeles. Si dice che è in seguito a quell’evento che decise di imparare a volare: cominciò a frequentare lezioni di volo e dopo un solo anno, supportata dalla famiglia, acquistò il suo primo biplano.
                     

Amelia era fatta per volare in alto, in tutti i sensi: stabilì il primo dei suoi record femminili salendo a un’altitudine di 14.000 piedi e, alcuni anni dopo, fu la prima donna ad attraversare l’Atlantico. All’inizio non era da sola: il 17 Giugno 1928 decollò con il pilota Stultz e il co-pilota e meccanico Gordon, ma quattro anni dopo decise di ripetere l’impresa, questa volta in solitaria. Lady Lindy, così veniva chiamata, ci riuscì, ed entrò – ancor più – nella storia. Furono tanti i suoi record, così come tristemente famosa è la sua scomparsa nel tentativo di compiere il giro del mondo, il 2 Luglio 1937.
amelia earhart 1928
Perchè vi parlo di lei oggi? Non solo per una coincidenza di date. Credo che a volte sia bene, al di là di facili mitizzazioni, prendere ad esempio la vita di chi ci ha preceduto lasciando valori e comportamenti a cui ispirarsi. E nel caso dell’aviatrice americana Amelia Earhart, pioniera e sognatrice, sarebbe fin troppo semplice accostare la metafora del volo della storia di Icaro: invece no, prendiamo il positivo, cioè la forza di emergere, di inseguire un sogno, osare dove si è prima fallito, non lasciare che le condizioni esterne… ci tarpino le ali. Forza Amelia, forza donne, forza tutti. Qualunque sia il vostro obiettivo, date il massimo, e sarete felici.

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venerdì 20 giugno 2014

Pierre Cardin
di Marta Saladino
                            

Ragiona da scultore, crea come un artista e modella come un sarto.
Non ha il tempo di invecchiare: si è cucito il tempo su misura delle sue passioni e l'età è solo uno scampolo di ricordi che scivola dritto al futuro. 
Questo è Cardin, una pietra miliare della storia della moda.
                   

Nato in un paesino del Veneto nel 1922, Pietro Cardin a due anni emigra con la famiglia in Francia.
A 14 anni lavora prima nella bottega di un sarto poi con storici atelier parigini come Jeanne Paquin e Schiaparelli. 
Nel 1947 diventa tagliatore alla Maison Dior.
Il suo impero nasce nel 1950 con l'apertura di un negozietto che sarebbe poi diventato colosso: La casa di Cardin.
                   

Rivoluzionario indefesso e "socialista della moda", sdogana le regole della couture e i diktat sartoriali, firmando nel 1958 un contratto per vendere i suoi vestiti alla Rinascente. 
                     

Siamo all'inizio del pret-a porter e della commercializzazione dei march, fra i rumors scandalizzati dei couturier. 
Futurista e all'avanguardia non solo nelle linee sartoriali, fu il primo a inventare il concetto di licenza - ad oggi ne ha 350 per un migliaio di prodotti che portano il suo nome: ha logato dalle piastrelle ai profumi dagli occhiali fino ai teatri. 
Il primo a puntare sui mercati esteri, il primo a inventare nuove sinergie come l'acquisto del ristorante Maxim's e la vendita dei prodotti enogastronomici. 
                   
        
Anche tra i primi a disegnare una linea uomo tanto che i Beatles ricorsero a lui per lanciare quello che fu poi consacrato come Beatles Look.
Divenne ambasciatore onorario dell'Unesco nel 1991 e primo stilista membro della Accademia des Beaux Arts nel 1992.
L'eterno primo anche a 91 anni.

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