venerdì 20 febbraio 2015

20134Lambrate_ Helena Rubinstein

                

Beauty Is Power
Non esistono donne brutte, solo donne pigre", è questo che amava ripetere Madame Rubinstein alle donne per convincerle che la bellezza non era un sogno impossibile, soprattuto se avessero usato i suoi prodotti o messo piede in uno dei suoi saloni, dove si disquisiva di trucco ma anche di eleganza, di creatività, di arte e libero pensiero tout court.
Certo, fosse stata pigra si sarebbe accontentata di fare dolci in famiglia per le festività ebraiche, incece di fuggire da un matrimonio combinato e sbarcare in Australia a inizio secolo, per poi lanciare i suoi cosmetici con questo slogan:
"Beauty is power."
Una provocazione in un'epoca in cui il rossetto e ombretto erano abitudini appannaggio di teatranti e prostitute.
La convinzione della figlia di un bottegaio polacco - decisamente non bella nè ricca né nobile, sprovvista di mezzi e protettori, ma dotata di volontà e intuizioni trascinanti.
Tutto questo bastò a farla diventare il prototipo della self made woman, quando dopo il successo in Australia e a Londra, si trasferì a New York.
Titolo ideale della mostra che le è dedicata e che per la prima volta riunisce la sua impressionante collezione, dispersa ai quattro angoli del globo dopo la sua morte.
Quasi 200 pezzi tra sculture, abiti, maschere africane, dipinti, compresa una serie di ritratti che le fece Picasso, monopolizzato e tormentato da questa dispotica mecenate, che a 85 anni pretendeva ancora di esser immortalata come Gengis Khan.

Helena Rubinstein_ Beauty is power
fino al 22 marzo al Jewish Museum di New York

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