giovedì 30 giugno 2011

Patricia Highsmith

                           

Gli uomini amati per forza, le donne sedotte con passione.
Avarissima, insopportabile e tormentata come i protagonisti dei suoi romanzi.
Unica consolazione: il burro di arachidi

"Il lavoro di tutta la mia vita sarà un monumento senza dedica a una donna."

Prima cotta a otto anni per una compagna di classe: "Ricordo che infilavo dei fogliettini piegati nelle fessure tra le pietre del vecchio edificio per farli trovare a una ragazzina dai capelli rossi di una classe inferiore alla mia."

"Come cadere in un secchio di ostriche" A sedici anni, descrivendo il primo bacio a un ragazzo

A vent'anni lasciava dietro di sé una scia di letti disfatti. A trenta voleva sposarsi e iniziò a frequentare una psicanalista che, per 30 dollari a settimana, le facesse amare gli uomini.

Il padre scoprì che la moglie era incinta poco dopo averla lasciata. Le suggerì di abortire e lei si scolò una bottiglia di acquaragia ma partorì lo stesso. Il padre la incontrò la prima volta quando aveva dodici anni. Qualche volta la portava a cena fuori. "A diciassette ci furono baci prolungati non proprio paterni. Questo è tutto e non voglio farne una tragedia. Incestuoso è una parola forte."

Nonostante il suo pessimo carattere riuscì a sedurre un gran numero di donne: svariate signorine dell'elegante collegio Barnard; le studentesse Virginia ed Helen, una bionda Rosalidn Constable; Allela Cornell pittrice; Virginia Kent Catherwood, aristocratica moglie di un potente banchiere; Hellen Hill sociologa, storia che durò quattro anni per lo più spesi in litigi (peggio che esser sposata!), Kathyn Cohen moglie dell'editore inglese che le pubblicò i primi romanzi; Daisy cameriera, Ann disegnatrice; Marijane, scrittrice; Monique insegnante; Marion, traduttrice; Lynn, aspirante attrice; Tabea, produttrice di film d'avanguardia; X moglie di un uomo di affari inglese.
                             
Graham Greene, uno dei suoi più grandi fan, la definì "la poetessa dell'inquietudine", una scrittrice che ha creato un mondo senza esiti morali. Niente è certo una volta superata questa frontiera.

"Il mio successo? Lo devo a molta quiete e a birra al pomeriggio."
                           
Sopravvissuta ad un tumore ai polmoni passò gli ultimi anni della sua vita mangiando burro d'arachidi e bevendo alcolici. Morì sola nella sua casa di Locarno.

"Non è una passeggiata morire o essere malati. Ma tutto sommato direi che è stato uno dei traumi meno gravi di tutta la sua vita" Vivien de Bernardi

mercoledì 29 giugno 2011

Una, cento, mille produzioni...


Appuntamento dell'ultimo minuto per le vostre agende stracolme...varrà la pena di scavare una breccia per farci una puntatina.

"Una, cento, mille produzioni" a cura di Stefano Maffei,
una selezione dei prodotti del catalogo 2011 di Garagedesign.
I progetti di Antonio Aricò, Fabio Bortolani, Controprogetto, Andrea Damiani, Dorothy Gray, Emanuele Magini, Andrea Magnani,Playdesign Studio e Giordano Pozzi vengono presentati nella cornicedel nuovo spazio dedicato all'autoproduzione italiana.
Si è scelto di ospitare proprio la collezione di Garagedesign perchè è una realtà che si muove “...fuori dalle logiche tradizionali della produzione seriale [...] con la flessibilità e la libertà della produzione semi-artigianale per piccole produzioni..."

ORARI DI APERTURA
29 giugno: inaugurazione ore 18:30
30 giugno - 20 luglio: visite solo su appuntamento 18:00 - 20:00
contatti: info@subalterno1.com
+39 3403821489

martedì 28 giugno 2011

Vintage - La vetrina della settimana

                                                              

lunedì 27 giugno 2011

Ho letto...

Ho letto che il vero motivo per cui si sono estinti i dinosauri è che nessuno li accarezzava. Bisogna sperare che l'uomo non faccia lo stesso stupido errore con le donne.
F. V.
Marilyn
Louise Brooks

Bette Davis
Ingrid Bergman
Loretta Young
Ginger Rogers

venerdì 24 giugno 2011

Un luglio straordinario! uno ogni 823 anni!


Quest'anno Luglio avrà 5 venerdì, 5 sabati e 5 domeniche.
Questo succede una volta ogni 823 anni. Questi anni sono conosciuti come 'Money bag' (l'ho cercato in Internet ed è vero)

mercoledì 22 giugno 2011

Scoprire i libri stando in macchina con Giulio Einaudi

Sabato sono rimasta folgorata da una recensione di Mauri; io adoro le storie che parlano di scrittori e di libri...
                                                                
Riporto testuali parole dell'articolo:
"Che la macchina per Giulio Einaudi fosse spesso un ufficio viaggiante ce lo aveva già detto caustico, l'ospite ingrato Franco Fortini.(...)
Ora ce lo conferma anche Mimmo Fiorino nel suo ALLA GUIDA DELL'EINAUDI. Titolo scherzoso, involontariamente suggerito da una dedica di Sebastiano Vassalli, che allude alle mansioni di Mimmo, per 30 annni autista del Principe e inevitabilmente vittima dei suoi capricci, a cominciare dalla ricerca di una puntualità bizzosa: 10e47, 16e17 per poi dire, allegrissimo, sei in ritardo di un secondo!
Il primo viaggio capitato un po' per caso (Mimmo era magazziniere e l'autista di Einaudi si era ammalato) vede Cerati, oggi presidente della Casa editrice e Einaudi in macchina proprio con una lista di titoli di cui bisognava controllare l'andamento sul mercato. Promosso autista sul campo, dopo una scaramuccia in cui i due si misurano, perché anche Mimmo, perché anche Mimmo, calabrese fiero, non cede il passo a nessuno, ecco che la coppia comincia a funzionare. E Mimmo, grazie al suo illustre passeggero, scopre Torino, le Langhe, gli altipiani di Asiago, le risaie del novarese... sono tutti itinerari che portano alle case di celebri scrittori o a luoghi amati e abitati da Einaudi. Talvolta Mimmo dagli scrittori ci va anche da solo, a portare delle bozze. Così entra diverse volte nella casa di un Primo Levi sempre più cupo. Lo aveva visto in casa editrice, ma ora non veniva più. L'autista solerte con le bozze in mano arriva anche nel giorno in cui Levi si è suicidato e il suo corpo giace a terra sotto un lenzuolo. L'8 aprile del 1987. E gli tocca riferire la notizia in casa editrice. Einaudi è sconvolto. Divenuto l'ombra di Giulio, Mimmo Fiorino va a prendere il the da Bobbio e viene invitato a pranzo da Rigoni Stern. Qualche volta vanno in giro  per mercatini e Giulio si diverte a contrattare, comprando fermalibri, l'unico oggetto di cui faccia collezione. Un'estate Einaudi, un po' carogna, lo fa richiamare dalle ferie perché vuole che lo accompagni alla Mortola, un angolo incantevole della Liguria dove si trovano i giardini Hanbury. Lì ha una casa Nico Orengo, che con Einaudi ha una consuetudine d'antica data, e lì vicino finge di coltivare i suoi fiori il letteratissimo Francesco Biamonti. Un giorno l'editore gli dà appuntamento con la solita raccomandazione che sia puntuale e manda Mimmo a controllare se è arrivato. Lo scrittore, per paura di far tardi, si è addormentato in macchina. Col lo scorrere degli anni( quelli più difficili per Einaudi, con la casa Editrice commissariata) Mimmo Fiorino si affeziona al suo Principe. E attraverso Einaudi nasce un affetto forte per gli einaudiani, dai redattori agli impiegati. Ormai Mimmo è uno di loro, conosce i libri e spesso li legge. Quando arriva, secca, la notizia della morte improvvisa di Giulio non riesce a crederci.
Il libro si chiude con le cronache dei funerali, prese dai quotidiani. (...)
Einaudi, che per i libri è vissuto, ha fatto scrivere un libro anche al suo fedele autista Mimmo.
Mi sembra di sentire la sua voce, ironica, inconfondibile, che gli dice: sei contento, adesso?







martedì 21 giugno 2011

venerdì 17 giugno 2011

I giochi della vita

                           
Nella vita c'è chi si accontenta di una stanza tutta per sé e chi invece ha bisogno di più: una seconda vita. Nascosta. Non stiamo parlando di tradimenti o oscenità. I motivi sono tanti e vengono indagati nel libro di Gianna Schelotto, Noi due sconosciuti. Una raccolta di vite, di storie, casi stranissimi in cui è difficile scoprire subito il movente e in cui non è compreso il classico tradimento che pensereste di trovare.
C'è, per esempio, la storia di un impiegato che di nascosto dipinge fiori. C'è il ragazzo che detesta la sorellastra che invece in pubblico dice di amare; c'è la storia della vedova che coltiva di nascosto dai familiari un vecchio amore. Tutte storie che alla fine si svelano rivelando cambiamenti spesso anche catastrofici. Forse tutti abbiamo bisogno di coltivare una zona d'ombra: sono sogni, non-detti, fantasie che aiutano a proteggerci, o a proteggere piccole parti di noi che necessitano di un piccolo spazio tutto per sé.
                    
Un'altra interessante scoperta è Il vero è un momento falso per i tipi Guanda; un libro che racconta la storia di tredici donne che amano lo stesso uomo, un famoso cantante, che viene improvvisamente trovato morto alla periferia di Madrid. Le stesse sono chiamate a dare, ognuna, la propria versione della morte. Dai loro diversi punti di vista sveleranno la complessità dell'esistenza, in un thriller coinvolgente. A incantare è il fascino delle mille vite che Lucia Etxebarria, l'autrice, sa regalare alle sue protagoniste.

giovedì 16 giugno 2011

Edda Ciano. La donna che adorava sedurre gli uomini.

"Tutto il sangue nero dei Mussolini non è nelle vene del padre ma, secondo Curzio Malaparte,  in quelle di Edda"

Pietro Capuano, detto Chantecler in giovinezza, "Pierrot", proprietario di una rinomata gioielleria di Capri e amante di Edda dopo la guerra. La conquistò mandandole una cartolina quando lei era al confino di Lipari: Se avete bisogno di un amico fedele ricordatevi che a Capri potete contare su Pietro Capuano.

A Edda piaceva sedurre gi uomini, soprattutto giovani.
                                                                 
Edda, solita trascorrere lunghi soggiorni a Capri da sola.
Una mattina alla notizia dell'arrivo di Galeazzo Ciano, andò ad accoglierlo in riva al mare a bordo della Fiat cabriolet nera del tassista dell'isola. Appena in spiaggia, s'infilò in cabina dove tolse il costume a due pezzi e il sarong in tinta che portava legato ai fianchi per indossare in tutta fretta un castigato pagliaccetto.
Trafelata accolse Galeazzo sulla pattigia, ai piedi i saldali con la zeppa fatti da Ferragamo apposta per lei, sul naso vistosi occhiali scuri a nascondere i postumi delle nottate trascorse tra balli, partite di poker, bicchieri di gin e sigarette.
                                                          
"L'uomo che ho amato più di ogni altro è stato mio padre"
Dovrà ricredersi e avrà tanti scontri con il padre nel tentativo di salvargli la vita in seguito alla condanna a morte seguita al Processo di Verone del 1944.
Solo dopo molti anni dichiarerà di aver perdonato suo padre per non aver voluto o potuto salvare suo marito.

Della madre dirà: "Lei ha difeso il suo uomo, io ho difeso il mio".

Rimasta definitivamente sola, dopo la fucilazione del marito, avvenuta l'11 gennaio 1944, Edda si rifugia con i figli in Svizzera, ospitata, coi figli, nel piccolo convento delle suore domenicane di Neggio.

lunedì 13 giugno 2011

Elsa Schiaparelli. Non me ne voglia Coco ma il genio è genio!

Elsa Schiaparelli
                        
Elsa Schiaparelli nacque a Palazzo Corsini da una nota famiglia di intellettuali piemontesi, trasferitasi nella capitale. La madre proveniva da una famiglia dell'aristocrazia napoletana discendente dai Medici. Il padre, nel 1875, fu nominato direttore della biblioteca dell'Accademia dei Lincei dal Re Vittorio Emanuele II, e risiedette nella sede che spettava a chi ricopriva tale carica: Palazzo Corsini, appunto. Nel 1903 lasciò tale incarico per una cattedra di Lingua e Letteratura Araba all'Università di Roma.
                                        

Elsa Schiaparelli  sognava di diventare un'attrice, ma non poté farlo per via della sua provenienza aristocratica. Decise quindi di scrivere poesie, le quali ebbero buona diffusione, anche fuori dai confini nazionali. Se la reazione del pubblico fu discreta, quella della famiglia Schiaparelli fu pessima: la "Schiap" (diminutivo affibbiatole in Francia, probabilmente per semplificare la pronuncia, che lei stessa subito adottò) venne quindi mandata in un convento svizzero.
Nel 1913 si trasferì a Londra per occuparsi di bambini orfani e lì conobbe il conte William de Wendt de Kerlor, che sposò, all'inizio del 1914. Nel 1919 la coppia si trasferì a New York e nel 1920 nacque loro figlia, che fu chiamata Gogo. Tuttavia il matrimonio si rivelò fallimentare e la Schiaparelli rimase sola con una figlia, che si ammalò di poliomielite e di lì a poco, morì anche suo padre. Fu questo, però, il periodo in cui la Schiaparelli conobbe e cominciò a frequentare gli artisti dell'avanguardia dadaista, stabilitisi anch'essi a New York: Man Ray, Baron de Meyer, Alfred Stieglitz e Marcel Duchamp. Sempre in questo periodo, e sempre a causa delle condizioni di salute della figlia, Elsa si trasferì a Parigi nel 1922, ospitata da Gaby Picabia, moglie dell'artista dadaista Francis Picabia.
                      
Fu qui che,ovviamente, Elsa Schiaparelli entrò in stretto contatto con l'ambiente della moda dell'epoca. Secondo le parole della stessa Schiaparelli, sembra che il colpo di fulmine per la moda sia avvenuto dopo una sua visita assieme d un'amica all'atelier di Paul Poiret in faubourg Saint-Honoré. Poiret le mostrò alcune delle sue creazioni, che lei all'epoca giudicò semplicemente come troppo care. Poiret le rispose "Non vi preoccupate dei soldi. E poi potrete come e quando vorrete..."

Abito di ispirazione surrealista nato dalla collaborazione con Dalì
La prima creazione di Elsa nasce da un'intuizione: viene attirata da un abito fatto a maglia da una rifugiata armena. Tra le due donne comincia una collaborazione: la Schiaparelli ha le idee, l'altra le realizza. Da allora la sua immaginazione si scatena: abiti sportivi di ispirazione africana e cubista, oppure tessuti con ritagli di giornale, abiti con aragoste giganti di ispirazione surrealista, animali, soli giganteschi. Nel 1934 stabili la sua maison in place Vendome, e da lì ogni anno lanciò le sue collezioni, tutte a tema e tutte fantasiose, ma con grande unità stilistica. Disegnava personalmente i modelli in album di schizzi minuziosi ed eleganti. Sia che le creazioni esclusive fossero abiti unici, sia che fossero rivolte a un pubblico più vasto, la Schiaparelli creava le sue opere con la stessa, identica concentrazione.
Aggiungi didascalia
                   


Da quell'anno Elsa Schiaparelli fu considerata l'antagonista principale di Coco Chanel nel mondo della moda francese. Opposti gli stili: rigoroso e semplice quello di Chanel, ricco e fantasioso quello di Schiaparelli; opposte le origini: povera la prima, aristocratica la seconda. Entrambe tuttavia avevano in mente una donna libera e indipendente,che non si vergognasse di indossare i loro capi. Il successo di Schiaparelli arrivò mentre la moda del secolo giungeva a una svolta: dall'abito piatto e senza forma della Garçonne, che furoreggiava negli anni venti, si tornò a una moda più femminile, con la vita al punto naturale, abiti sotto al polpaccio di giorno e lunghi da sera, tacchi alti.
abito con intarsi che riproducono colonna vertebrale e costole
Proprio insieme a Chanel, la Schiaparelli fu una delle prime a capire che in futuro la formula vincente per la moda sarebbe stato l'abito pronto, da poter eseguire in serie. Ribaltando completamente le idee consolidate sul vestire, inventò impermeabili da sera, abiti in vetro, mantelle color rosa shocking con enormi soli ricamati in oro sulla schiena. Abiti con aforismi di Jean Cocteau. Salvador Dali le ispirò un tailleur dove le tasche erano minuscole cassettine. A lei si deve il merito della divulgazione della cerniera lampo, assai più pratica delle sfilze di bottoncini che avevano chiuso gli abiti delle donne. I nomi delle collezioni: Fermati, Guarda e ascolta, Le farfalle, Gli strumenti musicali, L'astrologia. La sua più famosa collezione, Circus, usa giocolieri, coni gelato, elefanti e trapezisti per sottolineare l'estrosità e il dinamismo circense.
Anticipando i tempi, Elsa aveva anche capito che la sfilata è una vetrina, uno spettacolo per i compratori, ma che la vera moda si faceva col prêt-â-porter.

giovedì 9 giugno 2011

Dal Pampero ai Pampers

Oggi la mia amica Paola mi ha segnalato questo blog...
L'ho trovata geniale e mi sto divertendo tantissimo a leggerlo. Complimentissimi alla sua autrice che nel frattempo ha anche pubblicato questo libro.
(e Grazie Paola!)
                       
Sono rimasta incinta per caso a 27 anni, col desiderio di maternità ai minimi registrati. "Ma che davvero?" è stata la prima frase proferita dopo aver visto il test di gravidanza positivo. Passare dal Pampero ai Pampers è stato uno shock, ma ce la stiamo cavando... WRITE ME: machedavvero[at]gmail.com

ecco un assaggio:
Ok, e quindi eccomi qui, alle nove e tre quarti di un giovedì della minchia qualsiasi col bicchiere di vino rosso. Da sola, come in quei filmacci anni ottanta dove ancora lei si alcolizzava in solitudine, non si metteva a chattare su Feisbuc.

Ovviamente, Lui ha qualcos'altro da fare, e ci sta pure.
Oggi sono a Milano per lavoro, torno tardi.
Eokkei.
Stasera ho quell'aperitivo di lavoro che ti ho detto, torno tardi.
Evabbè.
Non ti ho detto che stasera ho quella cena di lavoro?
Eccheccazz.
La prossima settimana da lunedì a mercoldì sono a Londra, giovedì a Napoli e venerdì a Trento.
Elimortà.
No, perchè è QUI che io sento questa disparità di trattamento madre-padre, che poi giustifica tutti quei "vuoi più bene alla mamma o al papà?" idioti che ti vengono chiesti nel corso della vita. Quasi tutti vogliamo più bene alla mamma, su, diciamolo. Che il papà - bello papone, papino, ponzo (da paponzo) nel mio caso - è tanto caro e porta sempre un sacco di regali, ma chi chiami quando hai mal di pancia? Eh, la mamma, che il papà mica può scendere da Trento a fare un massaggino. Chi ti prende a suppostate nel sedere quando hai la febbre? No, avete mai visto un padre fare una cosa simile? Nemmeno io. Chi ti si incolla in braccio per due ore di fila giocandosi la balera a settant'anni per gravi scoliosi quando non ti va di stare giù? Eh, mica quello con la cravatta. Solitamente, quella con le scarpe basse.
Le scarpe basse, porcatroia, ecco: parliamone.
Oggi sono andata a comprare degli stivali, che all'inizio volevo quelli zoccolissimi che vanno adesso, a mezza coscia. Duecentodieci euro, anche no, grazie, mi fa vedere quelli lì, quelli neri col risvolto e il tacco dodici? quanto sono scomodi, non mi ricordavo che un tacco dodici...si, no, non me lo dica, sono due anni che il tacco dodici è bandito. Prima la panza, poi il passeggino, poi la stanchezza. Non cho manco trent'anni eh, se lo segni, magari mi manda i servizi sociali a casa che è grave. Però mi faccia provare anche quelli lì in alto, quelli da fighetta. E quelli lassù da segretaria con le voglie. Si, quelli col risvolto. Eh, vabbè, si, anche quelli bassissimi in vetrina.
Indovinate quali ho comprato?
Tadàààn: quelli da zoccolaccia.
Non è vero.
Quelli bassi.
Che piata a male - scusate, quando sono stressata il romano che è in me prende il sopravvento, bella pe tutti.
E niente, era un esempio di quanto è cambiata la vita a me e quanto a lui.
Io avevo un lavoro mezzo figo, un sacco di amiche, una vita sociale graziosa, una serie di must tipo l'uscita il weekend e l'aperitivo della domenica, interessi che spaziavano dalla fotografia al cinema al disegno alla danza al carciofo indiano alla zuppa di pinna di pescecane, e all'improvviso mi ritrovo agli arresti domiciliari prima e a una responsabilità poi, che lui si sogna. Che io se latito per due settimane ci pensano in quattro a farmi il culo a quadretti: la Porpi, lui, mia madre e sua madre. Almeno eh.
E invece, eccolo lì. Lui che prima aveva il suo lavoro, un po' di amici, una vita sociale graziosa e una serie di must come la mezz'ora in bagno a fingere bisogni per leggere la Gazzetta in pace - che è ancora lì: col suo lavoro, un po' (meno, ma non troppo) di amici, una vita sociale graziosa e porca miseria oh, uscisse dal bagno prima della mezz'ora.
Per la cronaca: ora sono le dieci, e di lui ancora nessuna traccia.
Secondo bicchiere di rosso.

mercoledì 8 giugno 2011

Opinioni di un clown

Io sono un clown, e faccio collezione di attimi.



Un artista ha la morte sempre con sé, come un bravo prete il suo breviario.


Gli atei annoiano perché parlano sempre di Dio.


La gente ricca riceve molti più regali di quella povera; e quello che deve proprio comprare, lo ha sempre molto più a buon prezzo.


Per un professionista non c'è modo migliore di mimetizzarsi che mescolarsi ai dilettanti.


Quando sono ubriaco, sulla scena eseguo senza precisione dei movimenti che solo la precisione giustifica e cado nell'errore più penoso che un clown possa fare: rido delle mie stesse trovate.


Quello che sta fuori – a questo mondo ciascuno sta fuori rispetto agli altri – trova una cosa sempre peggiore o migliore di quello che ci sta dentro.


Vi sono dei limiti oltre i quali l'idiozia dovrebbe essere controllata.

martedì 7 giugno 2011

Particolari della settimana


La Gucci anni '60
La scrivania e il servomuto
Sui toni dell'azzurro
Nictea Tobia Scarpa
Gonna messicana anni '50 dipinta e ricamata a mano
                                                         

Charles e Ray Eames.

                                
Basta guardare questa foto per capire il genio!
A seguire tre bei modelli di sedute Eames in resina.
La classe non è acqua

                    



lunedì 6 giugno 2011

Le donne sono come i film di Almodovar

"Le donne hanno più confidenza con il dolore. Da sempre.
Conoscono il dolore del corpo e quello dell’anima. 
Per tutte è un compagno di vita, quasi un amico e non un nemico, perché in fondo conviviamo con lui un po’ tutta la vita. Fa parte di noi.
Non serve gridare, piangere, lamentarsi. Occorre trasformarlo e declinarlo in forza. È una lezione che ci hanno insegnato le nostre mamme e nonne, una sapienza antica che ciascuna di noi conosce e possiede.
Tanti sono gli esempi anonimi, migliaia di donne che vivono i loro giorni tessendo meravigliose opere di pazienza e ancora di più sono quelle donne che subiscono ogni giorno violenze di ogni tipo; storie silenziose, storie di coraggio, di sopportazione, di grande forza, di rassegnazione. 
Poi ci sono le storie di donne famose, di cui tutti sanno:
                             
Frida Kalho. Pittrice. 
Nell’aprile del 1953, un anno prima di morire all’età di quarantasette anni, Frida Kahlo ha la prima importante retrospettiva. La sua salute è ormai talmente peggiorata che nessuno si aspetta di vederla all’inaugurazione. Ma alle otto di sera, un attimo dopo che le porte della Galleria d’arte contemporanea di Città del Messico si aprono al pubblico, arriva un’ambulanza. L’artista, vestita del suo prediletto costume messicano, viene portata in barella fino al grande letto installato nella galleria. Il letto è decorato come piace a lei, con fotografie del marito, il grande muralista Diego Rivera, e dei suoi eroi politici, Malenkov e Stalin. Scheletri di cartapesta pendono dal baldacchino alla cui volta è stato fissato uno specchio che riflette il suo volto devastato eppure splendente di gioia. Ad uno ad uno, duecento tra amici e ammiratori vanno a congratularsi con Frida, quindi formano un circolo intorno al suo letto e si mettono a intonare con lei ballate messicane fino a notte inoltrata.
Questo è l’incipit del prologo della vita di Frida narrata da Hayden Herrera, massima esperta della vita di questa donna straordinaria. 
Un incipit che rappresenta il culmine e che testimonia le qualità di questa donna: il coraggio, l’alegría di fronte alla sofferenza fisica che l’accompagnò per tutta la sua esistenza; la passione, la sorpresa e la specificità; un amore tutto suo per lo spettacolo come maschera con cui proteggere se stessa e la propria dignità.
                             
Alda Merini. Poetessa. 
Per conoscere la poesia devi aver visto dentro il dolore. 
La Merini ha toccato con mano l’inferno della follia, la reclusione in un manicomio, l’elettroshock. Così nasce la poesia, dalla consapevolezza di dover convivere con il dolore. 
                                          
Virginia Woolf. Scrittrice.
Nobile animo sensibile che, nella sua “sana” follia, ha percepito attorno a sé il mondo malato. Lei così abituata a convivere con il dolore per la morte prematura della sua amata mamma e per le violenze subite nella sua infanzia. Lei infelice, che ama le persone infelici perché uniche a possedere un’anima. Tutti ne possiedono una ma a lei piacciono le persone che confessano di soffrire. Diffida della contentezza dura, lucida, smaltata di certe persone: erano maschere. Così scrive Nadia Fusini rappresentando con questa frase l’animo della Woolf. 
E di fronte al dolore diventa acutissima e scrive febbrilmente. E mentre scrive partorisce i suoi romanzi; figli nati dalla sua testa gravida di emozioni, in continuo delirio con la vita, con il mondo. Le vere donne sono sempre un po’ “folli”. E Virginia è una donna vera che nel suo folle gesto sottolinea la forza della sua libertà senza cedere alle lusinghe della vita in cambio di sicurezza e identità.
                                  


Maria Callas. Cantante lirica.
Il suo grande mistero. Il contrasto tra la fragilità della persona e la grande potenza dell’artista. La Callas, sempre bisognosa di affetto, desiderosa di calore e famiglia. C'è in lei un dolore antico, originato dal suo sofferto rapporto con la madre. Poi il suo amore disperato per Onassis e la voce che dopo anni di gloria l'ha a poco a poco abbandonata e costretta a ritirarsi. Lei dalla vita ha avuto tutto: una voce, amore, gloria. 

Le donne sono come i film di Almodóvar: riescono a tenere uniti l'orrore e la felicità, la purezza e la perversione, sanno farsi carico di tutto il dolore del mondo, sanno portare il peso di un errore e sanno trovare la bellezza anche dove non penseresti di trovarla mai.
Ci mostrano la loro solitudine, la sofferenza non detta ma anche la grande solidarietà tra loro che gli uomini temono. E anche la loro capacità di mentire agli uomini, come mezzo di sopravvivenza non solo di se stesse ma della famiglia, del gruppo, della specie.
Tutti i film di Almodovar, penso a Tutto suo mia madre e Volver, fanno ridere. 
Ma anche piangere. Tanto. 
Ma soprattutto fanno venire voglia di vivere e di trovare dentro di sé tutto il coraggio che le donne – solo le donne  – hanno. "

venerdì 3 giugno 2011

Ho bisogno della copertina di Linus!!

piatto scovato in un blog di cui ho perso le tracce

giovedì 2 giugno 2011

E per il 2 giugno!!

L'uomo che amava le donne


« Le gambe delle donne sono dei compassi che misurano il globo terrestre in tutte le direzioni, donandogli il suo equilibrio e la sua armonia. » (Bertand Morane)
Qui sotto il testo della canzone di Nina Zilli che si ispira al film, scritta proprio durante un pomeriggio in compagnia di una chitarra e del film: 

Sempre lontano

Ami tutte a modo tuo
Ami tutte le donne
Sei bello come un dio
Dopo di me
Amori stupidi
Avere amanti che hai, lo sai
Improbabili ed inutili, come fai
Solamente tu, dimenticarti è difficile
Eri un po’ di piu
Mi piaceva come amavi tu
Quanto sai fare l’uomo
Se non ci sono io
Ti consumi in un giorno
Nell’attesa di un addio
Lo so da me, qual è il tuo limite
Tutte le donne che vuoi, che hai
Ma d’amore tu non muori mai
Proprio mai
Solamente tu, dimenticarti è difficile
Eri un po’ di più
Mi piaceva come amavi tu
Solo tu solo tu
Solamente tu, dimenticarti è difficile
Non ti voglio piu, ma era bello
Come amavi tu, solo tu solo tu









mercoledì 1 giugno 2011

La felicità non è altro che...

foto scattata venerdì sera dopo il temporalone

"La felicità non è altro che il profumo del nostro animo" Coco Chanel
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