Soraya Esfandiary Bakhtiari, figlia di un principe persiano e di una nobildonna tedesca, studiò in una scuola iraniana di missionari inglesi poi in esclusivi collegi svizzeri, dove imparò il tedesco con cadenza francese. Timida, stretta di mano umida e poco decisa. Sposò lo Scià di Persia che la ripudiò dopo sette anni per via della sua sterilità.
Pelle bianca, occhi da gatta color giada, zigomi perfetti, labbra piene e ben disegnate, ciglia folte, capelli neri, vita stretta, braccia lunghe e passo elegante.
Tra i doni di nozze: una pelliccia di visone per lei e un servizio da scrivania di cristallo e pietre rare incrostato di diamanti neri per lui (regalo di Stalin), due candelieri d'argento (Giorgio VI di Inghilterra).
Lo Scià le regalò una collana, un braccialetto, orecchini e fermagli di diamanti e smeraldi legati in platino.
Lo Scià l'adorava e la copriva di regali e attenzioni. Quando prima del matrimonio si ammalò di salmonellosi ogni giorno lui depositava un pacchetto accanto al suo letto.
La coppia reale, solita darsi del lei anche nell'intimità e recitarsi l'un l'altro versi: lei di Verlaine e lui di Khayyàm.
Si racconta che furono riempiti sette vagoni ferroviari, ma nel trasferirsi in Europa, la principessa ne scelse solo tre: "Cosa me ne faccio di un servizio di argento massiccio per 240 persone? Non avrò mai una casa abbastanza grande."
Soraya capace di spiazzare gli amici come quella volta che, in abito lungo, andò a Teatro, a Roma in autobus.
Le vennero attribuiti vari flirt, tra cui i principi Thurn und Taxis e Raimondo Orsini, Maximilian Shell, attore, Gunther Sachs, playboy, e Sasà Magri viveur di Capri.
Si innamorò del regista italiano Indovina nel 1965 ma lui morì in un incidente aereo sette anni dopo.
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